L'occhio di riguardo

Una sezione affidata alla buona volontà e cortesia di illustri protagonisti della scena teatrale che hanno accolto l'invito a scrivere un commento, una riflessione, un pensiero sul Teatro di oggi, partendo dal racconto della propria personale esperienza con la realtà artistica parmigiana. Uno spazio di libera espressione per uomini e donne di teatro che possa essere significativo, stimolante ed esemplificativo per lo spettatore del presente.

 

LAURA CLERI: "L'Istruttoria e la Nuova Resistenza contro l'Oblio della Mente"

"Carissimi cittadini italiani, lettori di Teatropoli,

il rapporto Eurispes 2020 notifica che il 15,6% di noi italiani dichiara che l’Olocausto non è mai esistito (nel 2004, 16 anni fa, lo stesso dato era al 2,7%). Si notifica inoltre che fra chi riconosce che è esistito c’è un 16% che crede che le vittime non siano state così tante come viene sostenuto. Quindi esistono, in una piazza di 100 persone, 15 negazionisti e 16 revisionisti, gli altri 69 invece credono che l’Olocausto sia accaduto. E sono passati in fondo solo 75 anni dal 1945, anno della fine della Seconda Guerra Mondiale e dell’apertura dei cancelli dei 300 lager, sparsi per l’Europa, dove furono assassinati 6 milioni di persone. Alla luce di questi dati che cosa ci riserva il futuro?

Sono stata gentilmente invitata a scrivere su questa rubrica, L’occhio di riguardo, e se punto il mio sguardo sui dati del rapporto Eurispes 2020 è perché una parte delle ore che ho trascorso in palcoscenico, nella mia quasi quarantennale carriera, le ho vissute recitando L’Istruttoria di Peter Weiss. La nostra messa in scena è nata nel 1984, la regia è di Gigi Dall’Aglio, gli attori sono, praticamente, ancora gli stessi (Roberto Abbati, Paolo Bocelli, Cristina Cattellani, Laura Cleri, Paola De Crescenzo, Gigi Dall’Aglio, Pino L’Abbadessa, Milena Metitieri) e con quest’anno, siamo al 37° anno di rappresentazione continuativa, nel senso che lo abbiamo ripreso tutti gli anni. Siamo a oltre mille repliche, per oltre 150.000 spettatori. Negli anni è diventato lo spettacolo cult di Fondazione Teatro Due e un pezzo di storia del teatro italiano.

Un giudice, un difensore, un procuratore, diciotto accusati e nove testimoni anonimi sono i personaggi di quest’opera divisa in canti che, come un Inferno laico e contemporaneo, va oltre alla rappresentazione del processo e acquista la drammaticità di una tragedia antica. Un viaggio agli inferi, in cui i personaggi, raccontano “l’istante eterno” fra la Storia e il ricordo. Atto di denuncia contro i criminali nazisti, L’Istruttoria venne scritto da Peter Weiss dopo aver assistito allo storico processo che si svolse a Francoforte dal 1963 al 1965 contro un gruppo di SS e di funzionari del lager di Auschwitz. Le 183 giornate del processo in cui vennero ascoltati 409 testimoni, 248 dei quali scelti tra i 1500 sopravvissuti, rappresentarono il primo tentativo da parte della Repubblica Federale Tedesca di far fronte alla questione delle responsabilità individuali, imputabili ad esecutori di ogni grado attivi nei recinti del lager. 

Fu purtroppo profetico Odoardo Bertani, critico teatrale dell’Avvenire che il 29 maggio del 1985 scrisse sullo spettacolo:”…in una cornice tutta nera, la dinamica, incalzante e imperterrita serie di deposizioni attorno ad un evento che tutti, in fondo, vorrebbero rimuovere. Lo spettacolo è ammirevole e struggente per severità e tenuta espressiva, nonché per ricchezza inventiva di segni allusivi e metaforici. Stringe sino allo spasimo con una sua crudeltà di raggelate parole rivelatrici: ci porta sui baratri dove la coscienza si smemora. Gli attori sono un corpo solo di limpidezza e vivezza disadorna di sillabazione”.

Dimenticare, rimuovere, alienare la memoria personale e anche quella collettiva, aderire a movimenti di pensiero che tendono a demonizzare la memoria, il ricordo, non solo del dolore e della tragedia, ma soprattutto delle sopraffazioni subite da altri popoli, altre “razze”, ma anche le sopraffazioni subite dal nostro stesso popolo. Un esercizio continuo di rimozione: dimenticare la nostra storia, le nostre radici, il nostro passato scomodo, tutto quello che ci intristisce, che ci ferisce, che ci fa paura, che non vogliamo nemmeno ascoltare, pensare… figurarsi capire. 

Goti Bauer arriva a Birkenau il 23 Maggio del 1944, la sua testimonianza è stata raccolta, insieme a quella di Liliana Segre e Giuliana Tedeschi da Daniela Padoan, in un libro  che si intitola Come una rana d’inverno  Conversazioni con tre donne sopravvissute ad Auschwitz (2004, edizioni Bompiani). Ecco un frammento del suo pensiero: “… Non posso certo dire di essere tranquilla per il futuro. Dopo di noi la Shoah verrà parzialmente dimenticata, parzialmente riveduta e corretta secondo gli interessi del momento, secondo gli scopi di chiunque ci metterà mano, perché già adesso, se tutti quei revisionisti, tutti questi negazionisti che hanno il coraggio di dichiarare cose assurde di fronte all’evidenza vengono creduti, vuol dire che non c’è stata una giusta informazione, un vero interesse, se non limitato a un numero molto esiguo di persone. Chi crede a quelli che dicono che non ci sono stati i campi di sterminio, un po’ non ne sa niente e un po’ vuole crederci. I revisionisti lavorano in una maniera molto sottile, astuta, per cui, non avendo elementi validi per sostenere il loro punto di vista, si attaccano alla diversità delle testimonianze, e allora dicono che se due testimonianze riferite alla stessa situazione sono divergenti, significa che nessuna delle due è attendibile.  Hanno avuto il coraggio di dire che, dato che io racconto di aver ricevuto degli stracci da vestire mentre Liliana racconta di aver ricevuto una divisa a righe, le nostre due testimonianze sono in contraddizione e dunque non sono credibili né l’una né l’altra. Basterebbe aggiungere che, come le ho già raccontato, Liliana è arrivata in febbraio mentre io sono arrivata in maggio, che nel frattempo non c’erano più i rifornimenti e che al posto delle divise avevano cominciato a dare ai prigionieri degli stracci, mentre le cose in buone condizioni le mandavano in Germania a uso dei tedeschi. Ma questo loro non lo dicono. Lavorano proprio su queste mezze verità che diventano grandi bugie (…)  Su questa diversità delle testimonianze avrebbero gioco facile, se non ci fosse qualcuno a dimostrare che sono in malafede. Ma cosa accadrà in futuro, quando nessuno di noi potrà più precisare, dire quello che io le ho detto adesso, quando nessuno potrà smentirli?...”

Sto parlando poco di teatro? Sono fuori luogo su questa rubrica? Non credo, il mio lavoro è fatto soprattutto dalla mia testa e dal mio corpo, ed io sono completamente trasformata dalla mia esperienza vissuta in scena recitando questo spettacolo. Questo spettacolo è stato la mia formazione, la mia scuola, la mia realizzazione come attrice e come donna, anche come madre.

Roberta Gandolfi, ricercatrice in Discipline dello Spettacolo presso l’Ateneo di Parma, nel 2016 ha pubblicato un libro su questo spettacolo: Un’Istruttoria lunga più di trent’anni. Olocausto, memoria, performance al Teatro Due di Parma (edizioni Mimesis): “… il lungo muro nero bifronte che struttura lo spazio scenico funge da cerniera fra due dimensioni spazio-temporali, quella del prologo e quella degli eventi narrati, quella del presente e quella del passato, attivando una efficace e mirabile drammaturgia dell'evocazione e della memoria. Lo spettacolo infatti materializza e incorpora la memoria dell'Olocausto con ampio e coerente ricorso alla dimensione del fantastico, alla concretizzazione scenica del passato; esce dall’anonimato delle testimonianze e dà agli interpreti lo statuto intermittente ma intenso di personaggi a tutto tondo. Questi testimoni hanno un passato, che a tratti si materializza davanti ai nostri occhi; ecco, con orrore li vediamo là, nell’inferno del Lager, entro un setting di teatro povero che attiva una forte ritualizzazione dell’azione scenica e crea spazio al pianto e al compianto, a una pietas senza catarsi.  La cifra etica ed estetica aggancia emotivamente gli spettatori che partecipano a questo evento, ancora oggi, con inalterata efficacia.”

Su una piazza di 100 persone, sono rimasta con altri 68. Non mi sento sola, credo che però sia il momento di rimboccarsi le maniche per non trovarmi fra 16 anni con solo 40 persone su 100, quindi in minoranza e quindi sconfitti. Se fate parte di quei 68 che ci sono ora su quella ipotetica piazza, battete un colpo. Io continuerò attraverso il mio mestiere, e la mia vita, a testimoniare, sia con questo spettacolo che con altre iniziative, per ripristinare la verità storica. Credo debba nascere una Nuova Resistenza contro l’Oblio della Mente a cui tutto sembra portare. Avete dei figli? Pensate di farli? Oppure non ci pensate nemmeno a farli… ma magari avete dei nipoti, o anche semplicemente dei parenti o magari avete solo degli amici, o semplicemente conoscete delle persone… se fate parte di quei 68 cercate di divulgare la necessità di attestare la verità storica, sbaragliando chi la vuole manipolare. Confrontatevi con gli altri, studiate la Storia per non farvi trovare impreparati, io qualche mio piccolo spunto ve l’ho dato, sarei felice se anche voi vorrete indicarmene qualcuno. Intanto per cominciare, se ne siete scevri, se pensate che le vostre conoscenze non siano sufficienti, guardatevi questo documento storico, fatevi forza, è molto duro.

https://www.youtube.com/watch?v=6BOP6K8D-l0&feature=youtu.be

Avete visto? Di fronte a queste immagini come si può pensare che l’Olocausto non sia esistito? Di fronte a un documento così incisivo, crudo, con una ricostruzione degli avvenimenti così puntuale, davanti a questi poveri corpi annientati, come si può negare? Credo che si debba divulgare queste immagini, il più possibile, metterle di fronte a chi nega o minimizza.

Per impegnarci tutti nella Nuova Resistenza contro l’Oblio della Mente.

Laura Cleri

(Foto di Francesco Bianchi, Disegni di Enrico Pantani, Video: Memory of the Camps - Memoria dei campi - di A.Hitchcock  e S.Bernstein)

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