L'intervista

Le interviste a protagonisti della scena parmigiana (e non solo) a cura di Francesca Ferrari, giornalista e critico teatrale.

GIULIANO MARIA TENISCI: "Ripartire dalle radici del Teatro delle Briciole"

“La visione e la poetica del Teatro delle Briciole sono patrimonio del teatro italiano per le nuove generazioni. Per questo sono ripartito dalle sue radici”. È muovendo da questo principio che Giuliano Maria Tenisci ha assunto, nell’aprile scorso, l’incarico di nuovo direttore artistico del Teatro delle Briciole/ Solares Fondazione delle Arti, arrivando quindi alla guida della realtà teatrale parmigiana dopo le controverse vicende che ne avevano investito la gestione. Abruzzese di Ortona, Tenisci ha maturato una lunga e riconosciuta esperienza teatrale, prima formandosi come attore all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio D’Amico, con maestri del calibro di Luca Ronconi e Andrea Camilleri, e dopo il trasferimento in Francia, nel 1994, in qualità di direttore artistico, cominciando con il teatro Louis Jouvet a Rethel, nella regione del Grand Est, cui è seguita la gestione del Teatro di Vienne, vicino Lione; più recentemente il ruolo a capo del centro culturale Espace Marcel Carné, a Saint-Michel sur Orge, nella regione Île-de-France, lo ha condotto alla realizzazione di progetti interdisciplinari orientati ai giovani e a un approccio teatrale sempre più inclusivo. Ma come intende Tenisci affrontare il nuovo delicato compito alla testa di uno dei teatri più cari al pubblico parmigiano? Tenendo fede all’impronta organizzativa acquisita in Francia oppure in parte allontanandosi da quel tracciato internazionale? Quali forze si prepara a mettere in campo e perseguendo quali ideali artistici?

Direttore, a Parma lei è arrivato a settembre nel 2020. Com’è stato accolto dal mondo teatrale parmigiano? Ha già avuto modo in questi mesi di gettare le basi per costruire una nuova rete sul territorio con altri soggetti culturali e teatrali? “Sono arrivato, per la precisione, a fine settembre 2020 con un ruolo di consulente artistico ed organizzativo e con il compito di programmare la stagione 20/21, ma anche di far ripartire il centro di produzione. Purtroppo, sono poi sopravvenute ulteriori chiusure dovute all’emergenza sanitaria e tutto si è rallentato. Le basi per fare rete sul territorio sono state, quindi, sicuramente create insieme ad altri centri di produzione regionali, compagnie e realtà culturali cittadine, ma in un contesto reso estremamente difficile dal lockdown. Sono stato, comunque, accolto con grande disponibilità e considerazione  da tutti i partner con i quali mi sono finora relazionato”

Quali saranno i principi guida della sua direzione artistica? Guardando alla prestigiosa storia teatrale del Teatro delle Briciole, quale visione, quale poetica, pensa di mantenere e da cosa invece ritiene di doversi discostare? “Sarà fondamentale puntare al radicamento sul territorio, attraverso una serie di progetti di “audience engagement” e “audience development” che coinvolgeranno in particolare le scuole dell’infanzia, le primarie e secondarie di primo grado, ma anche i licei e gli istituti comprensivi, l’Università, le fondazioni di comunità e le onlus che si occupano di inclusione sociale. Queste iniziative ci porteranno a collaborare attivamente anche con altri soggetti culturali e teatrali cittadini. Ci impegneremo inoltre per un progressivo rinnovamento del repertorio, che verrà pensato scegliendo tematiche in risonanza con le realtà giovanili e dell’infanzia. Le compagnie e gli artisti associati saranno, naturalmente, direttamente coinvolti nel processo produttivo. Infine, lavoreremo per la promozione e la diffusione delle nostre nuove produzioni, nonché per lo sviluppo di partnership nell’ambito di programmi europei, tramite la partecipazione assidua ai progetti dei network nazionali ed internazionali. Per rispondere all’ultima parte della domanda, dico che no, non intendiamo allontanarci dal percorso di ricerca operato dal Teatro delle Briciole, un insieme di valori artistici e poetici che appartiene alla storia del teatro e a tutti noi, ma vorremmo provare a riposizionarli, per così dire, in una prospettiva più contemporanea”

Tra i punti più interessanti, legati al suo insediamento, c’è senz’altro quello relativo alla designazione di tre compagnie artistiche associate alla direzione. Perché questa decisione? “Si tratta di una scelta ponderata e mossa da diverse considerazioni, background professionali ed opportunità. Direi, prima di tutto, che la volontà di radicamento territoriale del nuovo corso progettuale necessita di una presenza artistica costante, che può essere garantita solamente da una sorta di stanzialità creativa. La mia esperienza di direzione teatrale in Francia, che mi ha visto artefice di progetti ispirati a principi simili a quelli che intendo applicare alle Briciole, anche in virtù di politiche culturali in parte diverse dalle nostre, è un’altra delle ragioni. Inoltre, rifacendomi a quanto già espresso a proposito delle radici delle Briciole, mi stava a cuore che coloro che ne avevano fatto germogliare rami, fusti, foglie, e guarda caso siamo al teatro al Parco, tornassero ad abitare la casa che avevano contribuito a costruire. Mi riferisco a Maurizio Bercini, uno dei fondatori nel 1976 della compagnia originale, e a Marina Allegri che, benché arrivata alcuni anni dopo, ne è diventata una delle anime artistiche. E poi a Davide Doro e Manuela Capece, della Compagnia Rodisio, che sono stati allievi di Maurizio Bercini e di Letizia Quintavalla, altra fondatrice storica delle Briciole. I nuovi arrivati Marco Lorenzi e Barbara Mazzi del Mulino di Amleto, formatisi alla scuola del Teatro Stabile di Torino con Luca Ronconi, condividono invece con me e con gli altri artisti associati una particolare visione del Teatro e dell’approccio nei confronti dei giovani e del pubblico intergenerazionale. Ciascuna compagnia o artista lavorerà, infatti, dedicandosi a una particolare fascia di età degli spettatori”

Dopo la riapertura ufficiale il 22 maggio 2021, con il debutto in presenza dello spettacolo “Cide”, diretto ed interpretato da Maurizio Bercini su scrittura di Marina Allegri, e la più recente messa in scena di “Ode alla vita” della Compagnia Rodisio, può anticipare qualcosa sul programma previsto per questa estate? “Presenteremo il 15 e 16 giugno, sempre al Teatro al Parco, “Festen, il gioco della verità”, una nostra co-produzione, realizzata con TPE - Teatro Piemonte Europa, Elsinor e Stabile del Friuli Venezia Giulia, tratta dall’omonimo film del regista danese Thomas Vinterberg, uno dei fondatori del movimento Dogma 95 insieme a Lars Von Trier. Chiuderemo così, con la compagnia Il Mulino di Amleto, questo trittico dedicato agli artisti associati. La programmazione estiva invece, che si svolgerà all’aperto, è stata pensata per un pubblico intergenerazionale, con proposte che vanno dal teatro-danza alla pantomima, dalla prosa al teatro di oggetti, e che includono anche nuove produzioni e co-produzioni delle Briciole e la proiezione di una selezione di film di repertorio restaurati dalla Cineteca di Bologna”

Leggevo in una sua intervista di qualche anno fa le ragioni che la spinsero nel 1994 a lasciare l’Italia per la Francia. Rispetto a quel periodo, cosa è cambiato oggi nel nostro paese, a livello politico, sociale e teatrale, da convincerla a tornare e accettare un incarico così impegnativo? “Intanto, sono fiero di aver potuto fare una lunga e ricca esperienza in Francia, che è anche il mio secondo paese, avendone acquisito la cittadinanza, e che amo profondamente. Sono tornato a lavorare in Italia per ragioni familiari e di opportunità professionali. Prima di accettare questo incarico, fra l’altro, sono stato finalista in due bandi pubblici per la direzione indetti da importanti istituzioni teatrali nazionali, la Fondazione Teatro Ragazzi e Giovani di Torino e ATER Fondazione in Emilia-Romagna. Cosa posso dire del mio paese d’origine? L’Italia non è certo molto diversa rispetto a qualche tempo fa, ma con il passare degli anni ho capito quanto sia importante portare con sé il cambiamento e non aspettare che a farlo siano gli altri. I compiti che uno assume sono sempre impegnativi dal momento che si accettano e che si intendono onorare con dedizione e professionalità”

Parlavamo prima dei principi cardine della sua direzione. Chi sono i maestri italiani che più di altri hanno influenzato la sua visione del Teatro e a cui ancora oggi, come direttore artistico, vuole ispirarsi? “Se parliamo di visione del Teatro, ci riferiamo evidentemente a tutto il teatro e non a settori dello stesso; del resto creare paratie stagne fra i generi e chi li pratica è senz’altro molto limitante. I maestri sono infatti coloro i quali hanno una visione organica del mestiere dell’attore, della regia, della drammaturgia, frutto di esperienza e di conoscenza accumulate, stratificate ed elaborate nel corso degli anni. Io ho avuto la fortuna in Italia, frequentando l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica, ma anche in Francia, nel corso delle mie esperienze professionali, d’incontrarne diversi. Per l’Italia citerei fra tutti Andrea Camilleri e Luca Ronconi che hanno entrambi, a molteplici livelli e con approcci diversissimi, contribuito in maniera significativa alla mia formazione teatrale ed umana. Mi ispirerò, quindi, in primis a loro, ma anche ad altre luminose personalità, forse meno note qui da noi ma non meno importanti, come Jean Paul Denizon, Patrick Haggiag, Christian Schiaretti. Sempre cercando di guardare ad un teatro dal respiro europeo”

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