L'occhio di riguardo

Una sezione affidata alla buona volontà e cortesia di illustri protagonisti della scena teatrale che hanno accolto l'invito a scrivere un commento, una riflessione, un pensiero sul Teatro di oggi, partendo dal racconto della propria personale esperienza con la realtà artistica parmigiana. Uno spazio di libera espressione per uomini e donne di teatro che possa essere significativo, stimolante ed esemplificativo per lo spettatore del presente.

 

FRANCESCO MARCHI: "Un podcast per raccontare il linguaggio delle emozioni"

(Un giovane attore e autore parmigiano che ha già dato prova, in recenti produzioni al Teatro Europa, del suo grande talento e di una sensibilità fuori dal comune. La sezione "Occhio di riguardo" oggi ospita Francesco Marchi e un suo scritto autografo in cui racconta come è nato in questi mesi difficili il progetto Emozionology. Vi invitiamo alla lettura di questa bella testimonianza per capire meglio di che si tratta e vi consigliamo fortemente di seguire il progetto che Teatropoli ricondividerà con grande piacere ogni settimana sulle proprie pagine. Emozionology è talmente ben fatto che pensiamo sia da considerarsi un piccolo dono)

"Cosa può significare per un artista di teatro cimentarsi nella realizzazione di un podcast?

Puoi prestargli la tua voce, la tua interpretazione, la scrittura creativa. Le parentele si esauriscono in fretta, sopraffatte dalle differenze. Un podcast può arrivare ad un pubblico potenzialmente molto più vasto di una platea e può essere fruito in qualsiasi momento della giornata, sì, è vero. Il tutto però a scapito della presenza viva, dell’appuntamento che crea il rito, del patto fisico multisensoriale unico e inimitabile.

Una cosa però anima entrambi: l’innato bisogno che abbiamo di raccontare.

Credo sia stato proprio questo prurito comunicativo a farmi approdare nel mondo del podcasting. Ho sempre appagato il mio “ikigai” (per rubare un termine all’oriente), ciò che ti spinge ad alzarti la mattina, raccontando il mondo che ci circonda attraverso gli spettacoli.

In un momento di estrema difficoltà, dove mi era precluso calcare (o far calcare) palcoscenici, complice la perdita di un altro lavoro che mi teneva ancorato ad un altro mondo che amo, l’informazione, mi sono ritrovato di fronte ad un’autostrada di tempo libero con un sacco di pensieri che mi frullavano per la testa.

E così mentre attendevo che la regia di uno spettacolo, Emozionology, potesse prendere forma presso Europa Teatri (nido recente) ho lasciato che la mia creatività gliene trovasse un’altra. Compatibile con il momento. A suo modo la chiamerei come quella che Horace Walpole definì serendipità: una fortunata scoperta non pianificata.

Dunque ecco Emozionology: un podcast dedicato alla sfera emotiva e al potere transculturale del linguaggio. In ogni puntata mi sono dovuto misurare con una parola specifica (talvolta più d’una) di una data cultura che descrive uno stato emotivo complesso, di cui la lingua Italiana non presenta un corrispettivo. Ogni puntata mi ha catapultato in un paese diverso. Ogni viaggio ha avuto una storia a sé. Tra riferimenti bibliografici e indagini infinite nel web, è stato un continuo susseguirsi di dettagli che una volta sommati smentivano le definizioni approssimative di partenza.

Nell’arricchire questo vocabolario emotivo mi sono ritrovato a cambiare la narrazione stessa del mio passato. Questa operazione mi ha obbligato a spaziare dall’antropologia alla sociologia, alla psicologia, alla neurologia, cercando di tenere tutti questi saperi intrecciati in un unico bandolo. Poiché ognuno non può prescindere dagli altri. In un amen una passione neonata ha richiesto l’impegno di un mestiere. Ho recuperato l’ebbrezza dell’indagine di quando facevo ricerche prima di scrivere monologhi. Ma in questo caso tutto doveva convergere all’interno di una sola onda sonora. Eppure questo apparente deficit si è rivelato risorsa preziosa.

In Emozionology mi sono, come suol dirsi, cavato molte voglie: storpio e rielaboro voci; ho trasformato la mia amata mamma in un orco Uruk-hai de ‘il Signore degli anelli’; ho affidato a Tom Cruise il volto della mia rabbia e recitato alcune scene assieme a lui (essendo in audio dovrei dire più con Roberto Chevalier!); ho intervistato il mio Es ed il mio Super-Io, con non poca fatica…

Il vincolo del solo udito, come strumento di fruizione può apparire un limite, certo, ma fintanto che l’immaginazione non è ottusa, la scusa del “non vedo” consente libertà impensate e permette di creare mondi infiniti. Ogni cosa che si sente può stare accadendo con un volume, una concretezza quasi tangibili all’interno di uno spazio inaccessibile alla realtà, ma quanto mai reale nella testa di chi ascolta. Basta suggerirlo, a volte solo bisbigliarlo.

E forse in questo sta la bellezza di un’opera d’arte (qualunque forma presenti): il momento in cui sfugge al suo creatore per raggiungere completezza in chi la riceve.

Francesco Marchi

(Per ascoltare il teaser di Emozionology: https://www.spreaker.com/episode/43533336)

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