L'intervista

Le interviste a protagonisti della scena parmigiana (e non solo) a cura di Francesca Ferrari, giornalista e critico teatrale.

Debutta al Cerchio "LE MAL DU SIECLE" dal Woyzeck di Büchner

Non si può certo dire che la creatività e l’impegno produttivo del dinamico Teatro del Cerchio non siano stati a pieno regime anche in questa stagione 2017-‘18. E proprio quasi in chiusura dell’intenso anno di lavoro - che, come nei 16 ormai trascorsi, ha mantenuto sempre viva e attiva la partecipazione del pubblico adulto e di quello infantile sia nelle rassegne di spettacoli serali e pomeridiani, sia nella creazione di laboratori e percorsi didattici e formativi orientati alla scena- la fertile inventiva del direttore artistico Mario Mascitelli prova a segnare un nuovo punto da annoverare tra i successi targati TDC. Senz’ombra di dubbio la produzione che debutterà sabato 7 aprile alle 21.00 (con repliche domenica 8 e sabato 14 aprile sempre alle 21.00) e che reca un titolo di per sé densissimo di rimandi letterari, filosofici e sociali, “Le mal du siècle”, si preannuncia come una autentica sfida, raccolta dal regista, lo stesso Mascitelli, e dai suoi due più fidati interpreti in scena, Mario Aroldi e Gabriella Carrozza. Con la consolidata triade di lavoro, impegnata proprio in questi giorni nelle ultime prove, abbiamo cercato di capire meglio l’idea ispiratrice e l’impostazione performativa del nuovo spettacolo.  

La depressione, dunque, quale tema d’indagine dello spettacolo o c’è dell’altro? (Mascitelli) “In realtà c’è molto di più. Il testo originale stesso da cui tutto prende le mosse, ovvero il “Woyzeck” di Büchner, è un’opera complessa, difficile e ricca nell’offrire molteplici sguardi d’indagine. Nel nostro caso, il protagonista Woyzeck è, in effetti, un depresso così come lo era nella matrice drammaturgica büchneriana, ma trattando anche il tema del femminicidio apre a interrogativi importanti sul tema tragico e reale della violenza verso le donne: questo forse è oggi uno dei mali del nostro secolo, più della depressione. Inoltre, anche qui Woyzeck vive un atroce conflitto interiore che è, però, causato da tormenti e pulsioni di altro tipo:i abbiamo, infatti, ipotizzato un suo amore segreto e viscerale per il commilitone Andres e, quindi, una sua omosessualità. Il suo stato depressivo e la sua rabbia verso la compagna Marie scaturiscono da quell’amore impossibile: la donna diventa per lui una sorta di impedimento fisico all’amore libero e vero con Andres. Da qui la sua decisione di ucciderla”

Woyzeck è un testo che Lei ha affrontato più volte. Trattasi, è vero, di un classico teatrale, ma cosa muove la Sua particolare attenzione per quell’opera? (Mascitelli) “Lo scoprii per la prima volta circa 15 anni fa quando mi fu chiesto di interpretare il personaggio del Tamburmaggiore in una produzione che poi, sfortunatamente, non andò in porto. Allora non capii subito la potenza di quel testo, ma scatenò in me una curiosità che si è mantenuta viva fino ad oggi. Probabilmente la mia crescita personale e artistica di quel tempo non mi facevano sentire pronto alla piena comprensione dell’opera. Dopo un certo periodo realizzai da regista la mia prima versione teatrale con un gruppo laboratoriale di adolescenti: rappresentai quadri e scene anche slegate fra loro, perché trattavasi di uno studio, e nel metterlo in scena iniziai a comprendere meglio il senso di quel testo che la sola lettura non riusciva a restituirmi. Una seconda messinscena con un guppo di adulti della nostra scuola di teatro rappresentò poi per me una nuova esplorazione, più profonda, più matura e consapevole, ma tuttavia non riuscì a soddisfare completamente il mio desiderio di attraversamento del testo. Woyzeck è una drammaturgia straordinaria, e credo che oggi non si possa più affrontarlo secondo una metolodogia classica”

Ma quali sono le peculiarità di questo allestimento? (Mascitelli)“Innanzitutto il Woyzeck di Büchner dà l’impronta, per personaggi e sviluppo conseguente all’atto omicida del protagonista, ma gran parte della struttura drammaturgica è stata da me riscritta. Inoltre, cosa fondamentale, si avrà una forte contaminazione di stili e linguaggi: ci saranno molte proiezioni video, e un tappeto sonoro particolare, con alcune canzoni evocative. Tanti dei personaggi originali sarannno richiamati da quei video, poichè l’atto si svolge dopo che Woyzeck ha ucciso Marie. In scena si rivivrà il delirio della sua mente. Quelli che vedremo non saranno dunque dei video didascalici, ma piuttosto rappresentativi della sua follia, immagini della sua interiorità e della sua psiche”.

Chi sono, dunque, i personaggi in carne ed ossa sulla scena? (Aroldi) “Sono Franz Woyzeck sicuramente, che interpreto io, ma ci sarà anche Marie, o meglio il ricordo di Marie, la sua proiezione che viene impersonificata, vivificata da Gabriella. Per me è una prova molto impegnativa, una ricerca sul personaggio che mi induce ad un costante approfondimento, a uno studio intimo e personale. Arrivando dal “teatro per ragazzi” non è facile, anche se l’esperienza compiuta con lo spettacolo “Barbablù”, pensato per un pubblico adulto, mi ha insegnato moltissimo. Ho spesso lavorato in commedie, interpretando personaggi leggeri: questo per me sarà un vero e importante banco di prova.”

Quali difficoltà comporta sul piano recitativo la presenza delle parti in video e di un disegno sonoro preciso? (Aroldi) “In realtà, in questo lavoro la relazione con i video ci aiuta: non è una vera interazione perché le immagini sono frutto dell’immaginazione di Woyzeck, sono ricordi, figure distorte, presenze che ingombrano la sua mente. La recitazione è sostenuta da questo impianto multimediale”

(Carrozza) “ E’ esattamante così e lo stesso si può dire dell’impianto sonoro, anch’esso funzionale e utile alla performance attoriale. Un disegno che è nato come colonna sonora musicale, ma che poi ha subìto delle modifiche sostanziali, sostituita da suoni e rumori. Alla fine si riesce a raggiungere un bilanciamento tra immagine visiva, sonorità, e umanità del personaggio sul palco, o perlomeno quello è l’obiettivo nostro. Ad esempio, la parte cantata, che riporta in qualche modo in vita il mio personaggio, aiuta enormemente nel trovare e tessere una trama di relazioni profonde, autentiche, e questo vale per noi che recitiamo ma, crediamo, anche per chi guarda e ascolta”

Pensando alla visione complessiva e finale del lavoro, c’è stato un contributo da parte di voi attori in termini di confronto e idee? (Aroldi) “Per quanto mi riguarda no, devo essere sincero. Mi sono affidato alla regia e alla prospettiva di Mascitelli e ho preferito concentrarmi sulla costruzione del mio personaggio. La vedo così: siamo tre figure impegnate ognuna nel proprio ruolo, che si stanno avvicinando al momento in cui daranno vita a un incontro, a un punto di comunione e consonanza dei contributi individuali, prima della messinscena finale”.

(Carrozza) “Sono d’accordo, anche perché Mascitelli aveva una idea molto chiara dello spettacolo fin dall’inizio, di quello che sarebbe potuto diventare, dei punti in cui noi potevamo lavorare; così la direzione da prendere e seguire per noi è stata indubbiamente più facile. In questo modo, è stato anche più semplice cogliere certi aspetti delle parti scritte ex novo”.

A parte il tema del femminicidio, in cosa risiede l’attualità del testo di Büchner? (Mascitelli) “Il teatro come le favole è ancora un mezzo per discutere delle istanze più urgenti e presenti in maniera non scontata, mai banale, e il Woyzeck rientra in quel genere di teatro: suscita emozioni e riflessioni e, soprattutto, scatena domande. A teatro lo spettatore deve trovarsi di fronte a un bivio che sappia condurlo a riflettere e a prendere poi una posizione, a ricercare risposte e oltre. Il Teatro deve accompagnare a una scelta. Se il Teatro non offre questa opportunità di scegliere, forse ha mancato il suo vero obiettivo”.

La scheda di presentazione di questo lavoro porta la dicitura “1° studio”. Quale tracciato di ricerca s’intende dunque avviare in futuro? (Mascitelli) “Certamente la contaminazione tra video e recitazione mi affascina, anche se per me è un campo nuovo, rappresenta appunto un primo studio. Credo che questo spettacolo porterà a sperimentare e investigare nuovi linguaggi espressivi, anche se si dovrà capire cosa funziona e cosa no, e indispensabile sarà vedere il riscontro del pubblico, per poi seguire una direzione più chiara. Oggi c’è molto bisogno di teatro, sentiamo l’esigenza di uscire di casa e anche di allontanarci dal quotidiano per avvicinarci ad esso in modo differente, attraverso una formula che ce lo faccia meglio comprendere. Anche l’uso dei video a teatro, in fondo, è un segnale: un invito sottile ad esplorare le infinite potenzialità di mezzi e strumenti comunicativi che crediamo di conoscere fin troppo bene.”

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