L'occhio di riguardo

Una sezione affidata alla buona volontà e cortesia di illustri protagonisti della scena teatrale che hanno accolto l'invito a scrivere un commento, una riflessione, un pensiero sul Teatro di oggi, partendo dal racconto della propria personale esperienza con la realtà artistica parmigiana. Uno spazio di libera espressione per uomini e donne di teatro che possa essere significativo, stimolante ed esemplificativo per lo spettatore del presente.

 

MARIO MASCITELLI:"L'IDEA DE "LA PESTE" MI CONTAGIO' COSI'"

(E' il Direttore Artistico di una delle realtà teatrali di Parma più giovani, intraprendenti e creative, il Teatro del Cerchio di via Pini, ma è anche autore, regista, attore e uomo dalla tempra inossidabile. "L'occhio di riguardo" volge questa volta a Mario Mascitelli che ha regalato per Teatropoli il racconto vivo e coinvolgente della genesi di uno spettacolo "simbolo" della produzione TDC: "La Peste", tratto dal romanzo di Albert Camus, un successo che dura da ben 15 anni e che tornerà in scena, nella sua caratteristica forma itinerante per uno spettatore alla volta, nelle serate di venerdì 15 e sabato 16 dicembre)  

Nel 2009 organizzammo al Teatro del Cerchio una tavola rotonda sulla regia, alla quale parteciparono registi di varie compagnie italiane e il professor Luigi Allegri.

Era dicembre e nevicò così tanto che non ci fu pubblico presente per cui si cominciò a discorrere tra noi in forma assolutamente informale. Ad un certo punto, si discusse sulla necessità, o meno, di un regista all’interno di una compagnia e il mio punto di vista fu che, tra le tante cose, il regista è quello che vede in una tazza da WC abbandonata per strada, una possibile scenografia e non un rifiuto. Da questo concetto di visione “altra” sulle cose, si è sempre fondato il mio modo di affrontare una messinscena. Si parte da un’idea, che è più una visione, un’esigenza che si sviluppa sul palco insieme ai miei attori. Sono momenti indimenticabili, ogni volta, che ci riaccendono quel fuoco di passione che è sempre in noi  e che abbisogna di benzina ogni tanto per riprendere vigore. Sono periodi di grandi dubbi, di contrasti, di timori ma anche di grandi gioie, di scoperte, di leggerezza…

Li guidi come fa un capitano di una nave sapendo che non stai "impartendo" ordini, ma stai cercando di “mettere” ordine in ciò che si è creato insieme, consapevole del fatto che senza di loro, questa nave, non potrebbe navigare. Ma arriva il momento in cui si devono fare i conti ( non solo economici ) della messa in scena, mettendo in colonna tutto il lavoro svolto e visionando il risultato in funzione della “prima” per il pubblico. E’ il momento più difficile. Se tutto funziona come vorresti, ti scatta immediatamente la voglia di mostrare il frutto della fatica agli altri ma se alla prova generale tutto non ti convince, che si fa ?
 
E’ la storia del mio spettacolo “La peste” tratto dall’omonimo romanzo di Camus e rappresentato per la prima volta 15 anni fa alla Filodrammatica Piacentina. Dirigevo un gruppo di attori giovani che avevo formato da tre anni e che rappresentavano un lungo percorso di ricerca teatrale al quale si erano dedicati con passione ed entusiasmo. Si lavorò sul romanzo di Camus cercando di scoprirne tutte le sfumature presenti, spinti dall’esigenza di restituire, allo spettatore, uno spaccato di quella “città malata”.
 
I ragazzi lavorarono egregiamente scrivendo, ognuno, un monologo da adattare a un personaggio tratto dal testo o “ipotetico”. Doveva essere una messinscena a vista con tavolini e situazioni varie di vita quotidiana tenendo, in primo piano, il concetto del virus che si diffonde guastando il quieto vivere dei normali cittadini che, catapultati in una guerra di sopravvivenza, dovevano riuscire a “combattere e sconfiggere” il nemico non più invisibile (con il netto riferimento ai nazisti della seconda guerra mondiale come dichiarato dall’autore). Ma alla prova generale mi resi conto che lo spettacolo, oltre a durare due ore e mezzo, era assolutamente noioso.
 
Ecco il momento in cui devi fare i conti con la realtà: una buona idea e un buon lavoro non avevano generato una messinscena soddisfacente. Fermai i ragazzi durante le prove…necessitava un’idea diversa. In quei giorni avevo assistito allo spettacolo “Infinity” di Ronconi agli ex magazzini della Scala di Milano. Uno spettacolo itinerante che poteva essere visto “all’infinito” appunto. Il lavoro aveva suscitato in me ammirazione e interesse e decisi di ipotizzare anche "La Peste" in quella direzione.
 
Nacque così lo spettacolo che da 15 anni replica abitualmente e che tanto ha raccolto, in consensi, da parte di pubblico e critica. 11 stanze in cui, uno spettatore alla volta, può rivivere tutta la storia e i personaggi del romanzo di Camus in un percorso itinerante della durata di 33 minuti. 15 attori pronti a “contagiare” di storie e di teatro uno spettatore/personaggio con cui interagire alla ricerca di quell’essenza della “città malata” che solo una Casbah di voci può ricreare all’interno di uno spazio teatrale...
 
Mario Mascitelli

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