L'intervista

Le interviste a protagonisti della scena parmigiana (e non solo) a cura di Francesca Ferrari, giornalista e critico teatrale.

COMPAGNIA RODISIO:"IL LUPO E LA CAPRA", DUE RIBELLI COME NOI"

Sarà una storica compagnia parmigiana, tra le più affermate e applaudite sia in Italia che all’estero, ad inaugurare ufficialmente la programmazione pomeridiana del Teatro di Fontanellato, domenica 10 novembre alle 16, e lo farà con uno degli spettacoli più rappresentati (e rappresentativi) del proprio repertorio, “Il lupo e la capra”. Parliamo, naturalmente, della Compagnia Rodisio (alias Manuela Capece e Davide Doro, compagni d’arte e di vita) che con questo lavoro, pensato insieme ai bambini per i bambini, ma perfetto per chiunque voglia riflettere sul delicato concetto di empatia, hanno calcato, dal 2006 ad oggi, tantissimi palcoscenici nazionali e internazionali, recitando personalmente in più lingue oppure affidando la traduzione della drammaturgia ad artisti del luogo, a loro volta entusiasti di abbracciare il talento puro e la grazia creativa della coppia. Una poetica, questa dei Rodisio, che da sempre rivolge speciale attenzione al mondo dell’infanzia e dell’adolescenza, non solo attraverso la produzione di spettacoli di successo come questo ma anche nella realizzazione di mirati progetti teatrali dove sensibilità, passione, ispirazione e ricerca non hanno mai cessato di coesistere. 

Lo spettacolo che presenterete a Fontanellato richiama Esopo nel titolo ma in realtà s’ispira a quale opera? “(Capece) Il riferimento da cui siamo partiti è una fiaba giapponese contemporanea, “Una notte di temporale” di Kimura, dove incredibilmente, come per magia, si narra dell’incontro di un’utopia, forse un insieme di tante utopie: protagonisti un lupo e una capra e la loro soprendente vicinanza, oltre lo stereotipo che li vorrebbe eterni nemici. Questo spettacolo, interpretato da me e Davide, è anche il frutto di un lungo lavoro di ricerca realizzato proprio con bambini dai 3 ai 7 anni, che ben sanno riconoscere un’utopia e aprirsi alle mille possibilità a cui può condurre”

I protagonisti sono definiti “due ribelli inconsapevoli”. Questa inconsapevolezza rappresenta un pregio o un limite? “(Doro) Rappresenta il superamento di un limite. Sono due ribelli perché oltrepassano quella linea di confine determinata dal pregiudizio. Ma lo fanno perché si trovano soli, in una notte buia, particolare, entrambi lontani dal loro mondo, dalle loro certezze, in una condizione che genera paura e insicurezza. Eppure è proprio questa situazione “insolita”  che permette loro di superare lo stereotipo. Il lupo e la capra sanno ribellarsi, malgrado la loro natura li voglia mantenere su fronti opposti. Dunque, l’inconsapevolezza, lo spaesamento del sentirsi vulnerabili in un momento difficile, in quella notte di tempesta trascorsa fuori casa, costituisce alla fine anche una virtù, un vantaggio”

Se vogliamo è una ribellione anche vostra: quella di chi attraverso il teatro vuole scardinare gli stereotipi consegnatici in eredità dalle favole classiche. Rifarsi alla tradizione ma per andare oltre, quindi? “(Capece) Sì, e lo facciamo anche esteticamente, per mezzo di una scenografia scarna e con costumi che non richiamano l’immagine solita degli animali citati. È la storia di un incontro fra due personaggi e quello che si vede in scena è solo un divanetto di velluto rosso con tre alberi di ferro che creano uno spazio triangolare. È tutto portato all’essenzialità. Non ci nascondiamo dietro la rappresentazione. In fondo, portiamo anche questo sul palco: la relazione tra un uomo e una donna. Ecco perché, fin dal debutto, questo spettacolo è stato una grande scommessa: ha sempre aperto a diversi livelli di lettura e forse proprio per questo piace sia agli adulti che ai bambini”

Ma quali sono le caratteristiche comportamentali, i tratti caratteriali dei personaggi? “(Capece) La mia capra è molto chiacchierona, ma timorosa, comica in questa sua fragilità. E poi parla con un ritmo velocissimo, aspetto quest’ultimo che mi mandava in profonda crisi ogni volta che dovevo recitare in una lingua straniera non semplice: bastava una leggera inflessione per cambiare la frase e il senso del periodo! Insomma, una gran fatica, ripagata però da anni di tournée entusiasmanti”

“(Doro) Il mio lupo è senz'altro un personaggio di poche parole. Gioca a mettere paura perché in fondo sa che quell’idea di paura attrae, reca in sé già il principio del suo superamento. E poi è un lupo canterino, che intona canzoni originali per ribadire alcuni passaggi salienti, creando una sorta di divertente “vecchio cabaret”

La possibilità di collaborare con tante realtà estere, attingere anche a un patrimonio culturale diverso dal proprio, cosa vi ha donato sul piano dell’ispirazione artistica? “(Doro) Non poteva che portare a un incredibile arricchimento d’immaginario e anche a fare alcune utili considerazioni sugli spettatori, perché è vero che il pubblico è uguale dappertutto ma è anche vero il contrario e cioè che in esso ci sono mille sfumature diverse. Lo stesso lavoro di traduzione è stato emozionante: riscrivere un testo in un’altra lingua significa infondergli nuova vita, perché devi cercare la corrispondenza tra i modi di dire. È un impegno sul dettaglio testuale, quasi un’operazione filologica. Siamo stati anche molto fortunati a trovare sempre dei bravi professionisti con cui collaborare in tal senso ”

Dicevamo prima della messinscena essenziale. Perché c’è così tanto bisogno, oggi più che mai, di recuperare una semplicità di rappresentazione? “(Doro) Dall’anno del debutto a oggi il mondo è molto cambiato e sono cambiati i bambini, le loro abitudini. C’è indubbiamente in questo tempo, più che allora, l’urgenza di lavorare sull’immaginazione e la fantasia. Oggi siamo bombardati da stimoli, da nozioni predefinite. Il valore della semplicità è utile in un'altra direzione perché lascia molto più spazio al bambino, alle sue emozioni, ai suoi pensieri”

“(Capece) Nella nostra ricerca insistiamo molto sui concetti del “pieno” e del “vuoto”. Questa fiaba ha, ad esempio, un finale aperto, dunque un vuoto che è, però, necessario per consentire ad ognuno di costruire da solo la propria conclusione della storia, o addirittura più conclusioni. Regaliamo uno spazio per creare possibilità. Quando abbiamo presentato questo spettacolo nelle scuole abbiamo chiesto agli alunni di scrivere l’eventuale finale. Il risultato è stato quello di ricevere decine di finali possibili e ora stiamo sinceramente pensando di realizzare una pubblicazione di queste bellissime idee”  

Cosa può illuminare il buio nelle relazioni reali tra le persone e portare a una maggiore consapevolezza? “(Doro) Fondamentale è l’ascolto. Guardarsi, osservarsi, deve essere un passo successivo. Prima di tutto occorre mettersi in ascolto dell’altro. Il lupo e la capra, ad esempio, riconoscono di soffrire delle stesse fragilità, di avere bisogni molto simili.”

“(Capece) Toccare le emozioni, le corde vive dell’anima e del cuore, questo è importante per noi ed è quello che sentiamo come urgente anche fra le persone. Ecco perché con la scuola materna di Collecchio stiamo portando avanti un nuovo progetto incentrato proprio sull’empatia. Le convenzioni, gli stereotipi, fanno parte del mondo adulto; i bambini, invece, sanno vivere le emozioni con spontaneità e non si fermano di fronte a ciò che i grandi chiamano “differenze”: loro trovano sempre la forza di superarle, da piccoli ribelli inconsapevoli”

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